vendredi 29 septembre 2017

Ovide réhabilité !


Incroyable mais vrai...
Deux mille ans après sa mort, Ovide va être officiellement réhabilité !
Ceux qui en doutent sont invités à lire ou se faire traduire l'article suivant, que m'a fait parvenir - grand merci à elle - une amie d'Ovide, Véronique Cirefice.
Nous pourrons donc nous réjouir et chanter ensemble "Nunc est bibendum !", "Maintenant, il faut boire !" pour célébrer cette victoire, certes tardive, mais qui invite à ne pas désespérer de la justice des hommes...


Roma “riabilita” Ovidio dopo duemila anni 

L’Assemblea civica capitolina vota la mozione per la revoca dell’esilio del poeta sulmonese accusato da Augusto
SULMONA. Dopo duemila anni, Roma rende giustizia a Ovidio, il grande poeta latino che Augusto aveva mandato in esilio senza un regolare processo.
Il presidente dell'Assemblea capitolina, Marcello De Vito, ha dato incarico agli uffici di preparare una mozione che revochi il decreto con cui l'VIII d.C. l'imperatore relegò Ovidio a Tomi, sul Mar Nero. La “relegatio”, in base al diritto romano, andava comminata a seguito di un pubblico processo e ratificata dal Senato. L'imperatore, invece, da dittatore qual era, decise da solo. Approvando la mozione, che De Vito farà inserire all'ordine del giorno, l'Assise capitolina – che rappresenta idealmente la continuità storica del Senato romano – potrà finalmente riparare al grave torto fatto a Ovidio da Augusto.
Per dare risonanza all'evento, alla seduta del consiglio che delibererà sulla riabilitazione postuma di Ovidio saranno invitate a partecipare delegazioni di studenti di Roma e di Sulmona. Al fine di agevolare tale partecipazione, la revoca della “relegatio” al poeta dovrebbe avvenire entro ottobre. Se Sulmona, patria di Publio Ovidio Nasone, potrà realizzare finalmente questo sogno, il merito va alla Città stessa stessa, che ha fatto di tutto per dimostrare che il suo figlio più illustre non meritava di essere bandito da Roma, perché innocente, e al presidente dell'Assemblea capitolina De Vito, che a differenza dei suoi predecessori ha preso in seria considerazione la delibera, approvata all'unanimità, dal consiglio comunale della città peligna il 16 marzo 2012. Con la quale veniva recepita la sentenza di assoluzione di Ovidio nel “processo d'appello”, celebrato il 9 dicembre 2011, e la si trasmetteva all'Assemblea capitolina perché revocasse la “relegatio”.
Il processo di primo grado era stato celebrato il 10 dicembre 1967, un decennio dopo la celebrazione del bimillenario ovidiano. Allora la giuria era presieduta da Francesco Della Corte, insigne latinista. Come lo erano il pubblico ministero: il romeno Nicolae Lascu, e il difensore, Francesco Arnaldi. Nel processo d'appello, invece, a pronunciarsi sulla colpevolezza o innocenza del poeta sono stati dei profondi conoscitori del diritto: presidente della giuria il giudice Franco Cavallone; pm l'avvocato Giovanni Margiotta; difensore, l'avvocato Vittorio Masci.
I reati contestati al poeta sono due: corruzione dei costumi e della pubblica moralità e attentato alla sicurezza dell'imperatore. Che sarebbero poi un “carmen” e un “error”: colpe alle quali lo stesso Ovidio nei “Tristia”, scritti durante l'esilio, attribuisce la sua condanna. Il carmen è sicuramente l'”Ars amatoria”, un poema «licenzioso e lascivo», che contrastava con la politica moralizzatrice perseguita da Augusto. Che però era stato scritto 7 anni prima. Esso pertanto potrebbe essere stato solo un pretesto per coprire un'accusa più grave: l’ “error” appunto. Quale sia questo reato, rimane un mistero.
Ovidio parla di una leggerezza: aveva visto qualcosa che non doveva vedere. Altro non dice. Il contesto in cui il fatto si verificò fu probabilmente quello della lotta tra i sostenitori della candidatura alla successione di Augusto di un esponente della gens Iulia, capeggiati da Giulia minore e dal fratello Agrippa, nipoti dell'imperatore (che non aveva figli maschi), e i sostenitori di un esponente della gens Claudia, capeggiati dall'imperatrice Livia, che tramava perché il successore di Augusto fosse il figlio Tiberio, avuto dal precedente matrimonio con Tiberio Claudio Nerone.
Ovidio, che parteggiava per la gens Iulia, potrebbe aver partecipato, anche da semplice spettatore, a qualche evento compromettente. E poiché vi erano coinvolti anche i familiari di Augusto, questi, temendo il clamore che il caso avrebbe avuto, evitò il processo pubblico e inflisse a Ovidio, probabilmente in cambio del suo silenzio, una pena mite: la “relegatio” anziché l'“exilium”, che avrebbe comportato anche la confisca dei beni e la perdita della cittadinanza. Non è casuale che la stessa Giulia minore sia stata relegata alle isole Tremiti lo stesso anno di Ovidio.
Nel processo di primo grado il poeta fu assolto con formula piena per il primo capo d'imputazione (il carmen) e per insufficienza di prove per il secondo (l'error). In appello invece è stato assolto con formula piena da entrambi i capi d'accusa. «Per quanto riguarda la corruzione dei costumi», si legge nella sentenza, «la responsabilità di Ovidio non è stata dimostrata» e gli argomenti addotti contro di lui sono risultati «pretestuosi e insussistenti». Riguardo alla partecipazione diretta del poeta a una congiura contro l'imperatore, «l'accusa non ha fornito alcuna prova». I giudici individuano la causa dell'allontanamento di Ovidio da Roma nell'ostilità di Livia nei suoi confronti. «Ovidio», spiega la sentenza, «non nascondeva la sua adesione a quanti sostenevano la successione ad Augusto di un esponente della gens Iulia, contro le manovre di Livia di assicurare invece il trono al figlio Tiberio. È dato dedurre pertanto, con sufficiente attendibilità, che il provvedimento della “relegatio” sia stata opera della stessa Livia, che su Augusto aveva una forte ascendenza. L'errore di Ovidio era stato, dunque, quello di dichiarare apertamente la sua avversione alla candidatura di Tiberio alla guida dell'Impero». «Ritenuta l'infondatezza delle accuse e l'illegittimità e l'ingiustizia della "relegatio" comminata al poeta», concludono i giudici, «il tribunale assolve Ovidio da ogni reato a lui ascritto e ordina la revoca della "relegatio" e la restituzione del poeta alla libertà e a Roma e, nell'eternità dell'Urbe, all'arte universale».
Riabilitando Ovidio, nel bimillenario della sua morte, Roma non poteva rendergli onore più grande.

lundi 25 septembre 2017

Journée d'études sur la réception d'Ovide

Et comme une bonne nouvelle ne vient jamais seule, je vous annonce aussi la journée d'études que je coorganise avec Cristina Noacco, médiéviste et spécialiste de la réception d'Ovide.
Elle aura lieu le mardi 10 octobre à l'université Toulouse 2 - Jean Jaurès.




Université Toulouse 2 - Jean Jaurès : ELH/PLH

Lycée Saint-Sernin - Toulouse


2000 ANS DÉJA… ASPECTS DE LA RÉCEPTION D’OVIDE



Maison de la Recherche, salle D31



Matinée :

8h30 - Accueil des intervenants



Lectures ovidiennes médiévales



9h - Cristina Noacco (MCF Littérature française médiévale, Université Toulouse 2 - Jean Jaurès) et Jean-Marie Fritz (PR Littérature française médiévale, Université de Bourgogne) :

Arnoul d’Orléans commentateur des Métamorphoses d’Ovide



9h30 - Frank Coulson (Professor of Greek and Latin, Director of paleography Center for Epigraphical and Palaeographical Studies, The Ohio State University) :

Le mythe de Pythagore dans les commentaires latins sur les Métamorphoses



10h - Marylène Possamaï (PR Langues et Littératures françaises et latines médiévales, Université Lumière-Lyon 2)

Le manuscrit de Rouen Bm O.4 de l’Ovide moralisé : une réécriture d’Ovide au début du XIVe siècle



10h30 - Discussion et pause



Autour des Héroïdes



11h - Anneliese Pollock Renk (Assistant Professor, French & Francophone Studies, Carroll College, Montana)

Réseaux de mécénat et translatio humanitatis autour des XXI Epistres d’Ovide



11h30 - Michel Delon (PR Littérature française du XVIIIe s. à l’Université de Paris-Sorbonne) :

Un Ovide sentimental : les Lettres de Julie à Ovide de Mme de Lezay-Marnésia (1753)



Discussion et déjeuner



Après-midi



Réécritures ovidiennes



14h - Philippe Canguilhem (PR Musique de la Renaissance, Université Toulouse 2 - Jean Jaurès) :

Orphée en musique à la Renaissance



14h30 - Anne Vial-Logeay (MCF Latin, Université de Rouen) :

Ted Hughes, Tales from Ovid (1997)



15h - Discussion et pause
 
Ovide et son oeuvre en images
 

15h30 - Fàtima Dìez Plata (PR Histoire de l’Art, Université de Saint-Jacques-de-Compostelle)

- Patricia Meilán Jácome, doctorante en Histoire de l'art, Université de Saint-Jacques-de-Compostelle :

Le poète dans son œuvre : Ovide dans les images des Fasti et Tristia entre les XVe et XVIe siècles



16h- Ana Paula Rebelo Correia (Membre de L’Institut d’Histoire de l’Art de la Faculté de Lettres de l’Université de Lisbonne – ARTIS – FLUL ) :

Représentations des Métamorphoses d’Ovide dans les azulejos baroques portugais (XVIIe – XVIIIe s.)
 
16h30 - Sarah Rey (MCF Histoire ancienne, Université de Valenciennes) :
Figures d’Orphée au cinéma



Discussion
 
18h - Vernissage de l’exposition photographique Métamorphoses 2017 de Jean-Luc Ramond à la Bibliothèque Universitaire Centrale.


J'espère vous y retrouver nombreux...


Métamorphoses 2017

J'ai le grand plaisir de vous informer que l'exposition "Métamorphoses 2017" sera visible dans l'Atrium de la Bibliothèque Centrale de l'Université Toulouse 2 - Jean Jaurès du 2 octobre au 30 novembre prochains.

Il s'agit d'un aperçu du travail photographique que je mène depuis une dizaine d'années.
En espérant que je vous retrouverai nombreux à l'inauguration, qui aura lieu le mardi 10 octobre à 18h à la Bibliothèque Centrale Universitaire...
http://www.ramond-photo.odiapo.com/

jeudi 21 septembre 2017

Les Métamorphoses traduites par Marie Cosnay

Dans deux semaines, très exactement, paraîtra une nouvelle traduction des Métamorphoses par Marie Cosnay.



Voici la présentation qu'en font les Editions de l'Ogre :
"La traduction d’un livre aussi extraordinaire que Les Métamorphoses d’Ovide relève d’une forme de folie. Imaginez : une traduction fleuve de plus de dix ans et de quelque 12 000 vers. Pourtant ce projet semble découler naturellement de l’activité d’écrivaine et de traductrice de Marie Cosnay. En 2006, alors que Marie Cosnay enseigne les lettres classiques au collège depuis de nombreuses années, les livres X, XI, XII des Métamorphoses d’Ovide sont inscrits au programme du baccalauréat littéraire. L’Éducation nationale utilise des adaptations vite éditées de l’une des traductions existantes des Métamorphoses, versions qui permettent au lecteur d’avoir accès au contenu mais pas à sa dimension littéraire et poétique. Alors, Marie Cosnay se lance dans la traduction de ces trois chants à destination des Terminales. La première réaction des jeunes élèves et de leurs professeurs, c’est qu’ils n’imaginaient pas Ovide si contemporain. Si contemporain ! Le projet est lancé, et elle reprend Les Métamorphoses depuis le livre I pour en achever la traduction en juin 2016. On imagine la constance et l’énergie incroyable qu’il a fallu puiser pour en arriver à bout. Une nouvelle traduction donc, qui vient s’ajouter à celles de Georges Lafaye et d’Olivier Sers aux Belles Lettres ou à celle de Danielle Robert chez Actes Sud."
On peut lire la suite en suivant le lien
Et pour vous faire patienter jusqu'au 5 octobre, voici un extrait du livre I (v. 89-112), qui nous raconte comment les hommes vivaient pendant l'âge d'or.

D’or est né le premier âge, et sans chef,
De lui-même, sans loi, il respectait la foi et le droit.
On n’avait ni peines ni peurs, on ne lisait aucune parole menaçante
Sur le bronze gravé, la foule suppliante ne craignait pas
Le regard de son juge, on était sauf, et sans chef.
Pas encore arraché, pour voir le monde, à ses
Montagnes, le pin ne descendait sur les ondes fluides.
Les mortels ne connaissaient, à part les leurs, aucun rivage,
Les fosses en pente raide n’entouraient pas encore les villes.
Ni trompette de bronze travaillé ni corne de bronze courbé,
Ni casques ni glaive. Sans présence de soldats
Les peuples dans le calme vivaient de bons loisirs.
Libre, intacte de coups de bêche, blessée
D’aucune charrue, spontanément, la terre donnait tout.
Heureux des nourritures créées sans contrainte
Les hommes cueillaient les petits des arbousiers, les fraises des montagnes,
La cornouille, les mûres accrochées aux durs buissons de ronces
Et les glands qui tombaient de l’arbre épanoui de Jupiter.
C’était un printemps éternel, les doux Zéphirs frappaient
De souffles tièdes les fleurs nées sans semence.
Bientôt la terre sans labour portait des fruits,
Le champ qu’on ne remuait pas blanchissait sous les barbes des épis ;
Déjà des fleuves de lait, des fleuves de nectar déjà coulaient,
Et blondes, du chêne vert tombaient des gouttes de miel.

dimanche 17 septembre 2017

Une lettre de Constanţa

J'ai reçu voici quelque temps une lettre que j'ai ouverte avec émotion : elle venait de Constanţa...


Et, plus émouvant encore, elle contenait le livre suivant :


Un roman inspiré de la vie d'Ovide et écrit par Stefan Cucu, un universitaire roumain qui a passé sa vie professionnelle à parcourir l'oeuvre de notre poète...
La lettre m'est parvenue en quelques jours ; elle était recommandée et ne risquait pas de s'égarer. Aussi n'ai-je pas pu m'empêcher de penser à cette élégie dans laquelle Ovide se plaint à un ami de ne pas recevoir de lettre de lui et l'excuse en supposant que les lettres sont parties mais ne sont pas arrivées...


IV, 7 : Bis me sol adiit gelidae post frigora brumae…

J’ai revu deux fois le soleil après un froid hiver,
            Deux fois, dans les Poissons, il a fini sa route.
De tout ce temps, pourquoi ta main n’a-t-elle pas pris soin
            De m’écrire ne serait-ce que quelques vers ?
Pourquoi ton amitié s’est-elle relâchée quand d’autres
            M’écrivaient, sans que je fusse intime avec eux ?
Pourquoi, chaque fois que je décachetais une lettre,
            Avais-je l’espoir d’y trouver ta signature ?
Fassent les dieux que souvent tu m’aies écrit sans qu’aucun
            De tes nombreux courriers ne me soit parvenu.
Il en est ainsi, j’en suis sûr, et j’aurais moins de mal
            A croire à la Gorgone aux cheveux de serpents,
Aux chiens placés à l’aine de Scylla, à la Chimère
            Mi-dragon, mi-lionne et ceinturée de flammes,
Aux chevaux dont le poitrail rejoint le poitrail d’un homme,
            Et à l’homme aux trois corps, et au chien aux trois têtes,
A la Sphinge et aux Harpyes et aux Géants anguipèdes,
            A Gyas aux cent bras, à l’homme mi-taureau,
Oui, j’aurais moins de mal, très cher, à croire à tout cela
            Qu’à ta métamorphose en ami négligent.
Nous sommes séparés par bien des monts et des chemins,
            Des fleuves et des mers nombreuses et des plaines.
Que sur tant de lettres parties, si peu soient arrivées
            Entre mes mains s’explique par mille raisons ;
Triomphe de mille raisons en m’écrivant souvent
            Et m’évitant, ami, de toujours t’excuser.